In assenza di fonti dirette che attestino il soggiorno ravennate di Dante, è possibile ricostruire la questione a partire dalle ricerche di Giovanni Boccaccio, che condusse una vera e propria inchiesta in Romagna, incontrando tra l’altro alcuni amici del poeta. Dietro alle identità fittizie delle Egloghe indirizzate a Giovanni de Virgilio, è così possibile riconoscere l’esule fiorentino Dino Perini, il medico Fiduccio de’ Milotti, i notai Menghino Mezzani e Pietro Giardini, il medico Guido Vacchetta.
Si tratta di un gruppo di intellettuali al vertice della società ravennate, forse addirittura allievi di Dante stesso, che incarnano pienamente lo spirito preumanistico dell’epoca. Guido Vacchetta, ad esempio, mantenne attivo uno scambio poetico con Giovanni del Virgilio, giunto fino a noi grazie alla trascrizione che ne fece il Boccaccio.
Ancora più interessante è la vicenda di Menghino Mezzani, uno dei più importanti notai ravennati, con incarichi stabili alla corte dei da Polenta. Menghino scrisse diversi componimenti poetici, tra cui anche l’epitaffio per la tomba dell’Alighieri, ed ebbe uno scambio intenso con un altro sodale di Dante, Bernardo Canaccio Scannabecchi. Il Mezzani era inoltre una figura nota e stimata da Francesco Petrarca e incontrò quasi certamente Boccaccio.

Quest’ultimo a Ravenna ebbe modo di conoscere anche Pietro Giardini, «un valente uomo ravignano, lungamente discepolo di Dante», indicato come testimone diretto, insieme allo stesso Jacopo Alighieri, del ritrovamento degli ultimi tredici canti del Paradiso otto mesi dopo la morte di Dante.

Fiduccio de’ Milotti, invece, ravennate ma di una famiglia di Certaldo trasferitasi a Ravenna, era medico e filosofo e probabilmente insegnò nello studio bolognese. Il medico aveva sposato Rengarda, esponente della ricca e potente famiglia dei da Palazzo, mentre la figlia Caterina era andata in moglie a Giovanni da Polenta, il fratello di Guido Novello. Il riconoscimento di Fiducia alla cerchia dantesca ravennate si collega alla testimonianza nelle Egloghe dantesche, in particolare nel personaggio Alfesibeo, indicato come amico di Titiro, cioè di Dante.

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