La sera del 10 dicembre del 1928, Antonio Ferrari di Ravenna si presenta con il figlio Luigi presso la locale Questura, affermando «che lo aveva trovato in possesso di un libro intitolato la Divina commedia che costui aveva rubato nel negozio del Signor Tarantola Francesco». Interrogato, il ragazzo confessa il furto «attrattone della bella rilegatura», accusando anche il compagno di scuola Cesare Belloni del furto di una copia della Commedia. Il pretore assolverà poi Luigi e Cesare, che non hanno ancora compiuto quattordici anni, «perché non soggiacciono a pena non essendo risultato che abbiano agito con discernimento» e ordina «restituirsi al Tarantola i libri in sequestro». Si tratta di un fascicolo processuale penale della pretura di Ravenna, parte della serie dei Procedimenti penali. Il fascicolo veniva aperto al momento della trasmissione da parte della procura della documentazione relativa alla notizia di reato, inviata a sua volta dalla Questura, iscritto nel registro generale degli affari penali con un numero progressivo annuale, in questo caso il 1338 del 1928. Il procedimento poi seguiva l’iter giudiziario, raccogliendo nel fascicolo vari atti e documenti relativi alla raccolta di informazioni, deposizioni e ogni altro elemento istruttorio utile alla citazione o meno in giudizio degli imputati. Una volta rinviati a giudizio, gli imputati dovevano presentarsi all’udienza nel giorno stabilito per il dibattimento. In questo caso l’udienza avviene a quasi un anno di distanza dal furto.

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