Il Serventese si trova in un volume contenente scritture di enfiteusi (un contratto per il quale si ottiene il diritto di utilizzare un fondo, solitamente agricolo, a patto di migliorarlo e, in alcuni casi, di versare un canone periodico) di beni mobili posseduti dal monastero di San Severo, nei territori di Forlì e Forlimpopoli. Risalenti alla seconda metà del secolo XIII, le scritture sono state rogate dal notaio Andrea Rodighieri. Il rinvenimento del testo si deve allo storico e filologo Tommaso Casini, nel 1896.

La forma poetica del serventese, o sirventese, che tratta di norma argomenti politici o morali, è di ascendenza provenzaleQuello romagnolo, di autore anonimo, è il primo esempio di sirventese in lingua italiana: l’io poetico è qui incarnato da un giullare, impegnato ad incitare Guido da Montefeltro affinché si ponga al comando dei ghibellini contro i guelfi bolognesi.

Il componimento, benché conservato in una sola fonte manoscritta, era probabilmente conosciuto in area romagnola anche durante la presenza di DanteLa Commedia presenta infatti alcuni limpidi riferimenti intertestuali: tra le coincidenze più significative si segnalano un’uguale simbologia araldica tra il verso 37 del Serventese, «L’aguila è salita en tròno e tornò lo nido», con Inf. XXVII, v. 41: «l’aguglia de Polenta la si cova»; l’uso di riprese lessicali, come al verso 14 del Serventese, «en plan ed en montagna» e Inf. XVII, v. 52 «così com’ella siè tra ’l piano e ’l monte». Molto suggestiva è la coincidenza tra le rime feltro/veltro/peltro del Serventese ai versi 41-43 e Inf. I, vv. 101-105: “più saranno ancora, infin che ’l veltro / verrà, che la farà morir con doglia. / Questi non ciberà terra né peltro, / ma sapienza, amore e virtute, / e sua nazion sarà tra feltro e feltro”.

Venutu m’è in talento – de contare per rema
el novo asalimento che façunu insta prima
co l’or de tradimento – tagl[i]ad’ a surda lima:
ayda, Deo!
Quest’ è l’ordene fatto – del piligrino romeo:
sutilmente è trattu – se tortu va ’l paleo;
talor se crede ’l mattu – lu saçu e ’l bon el reo;
ore intendite.
Guelfi de Bologna, – mastri de la rete,
segnor sença vergogna, – se con’ vui ve sapete,
de lor terra besogna – che pag[h]e le monede
a lor vecini.
Guelfi de Romagna, – Lumbard’ e Florentini
en plan ed e[n] montagna – àn prisu caminu;
sucursu da Lamagna – besogn’ a cebilini
en gran mestere.
Se venese lu re Callu – o mandase cavaleri,
iurarà de non farlu, – ché ’l ditu è mençuneri;
se nu ofenda Carlu, – de multe penseri
veràn falati.
En sino asalidore – e d’ordene de frate
[ . . ]se de serore – et ultramare crosate
[ . . ]e sono li maiore, – de multi sequetate
e creduti.
En questo ‘saltu pronti, – en dire e fare arguti,
[. . .] de mescunti, – che stannu ancura muti,
che schivanu per punti, – che non vogl[i]o[n] veduti esere anchora.
E forçu monstran grande, – remore, e la paura
per Romagna se spande; – nulla part’ è segura:
che ne porta g[h]irlande, – che fa fortece e mura, che desfà.
Chom’ e usu de guerra, – chosì andarà:
tal ne crede aquistar terra – che le perderà;
tutta Romagna è en terra, – batagl[i]a pur serà,
se com’ eo credo.
L’aquila è salita – e[n] trono e tornò lo nido
e vol esere onida – da tal ch’è ne lo sidu;
per Deo dia vita – a l’altu conte Guido
de Montefeltro.
Fol ne stia en statu, – ched a lui è nula Feltro!
En levere s’è avançatu, – e ’l leone asalì lu veltro,
ché paragunato – s’è l’oro e peltru
del sapere.
En questo non è t [ . ença – . . . ere]
dur’ è la sentença – p [ . . . ere]
en Deo è la potença, – e ’l So volere
è ’l [men] male.
(Testo tratto da: Poeti del Duecento a cura di Gianfranco Contini, Milano-Napoli 1960)

Il registro notarile di Andrea Rodighieri proviene dal monastero di San Severo e contiene elenchi di beni e concessioni enfiteutiche che lo stesso monastero deteneva nei territori di Forlì e Forlimpopoli. Il volume fa parte dell’archivio dell’Abbazia di Sant’Apollinare in Classe, conservato all’interno del corpus documentario delle Corporazioni religiose soppresse, l’insieme delle carte formatosi con la soppressione delle corporazioni durante il periodo napoleonico, tra il 1797 e 1805.

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