19/11/1924 – IL FURTO DELLA CORAZZA DI TEODORICO

Il cambio di versione e i confronti

Dopo circa un mese di reclusione Bari cambia versione diventando lui l’accusatore: Bruna lo avrebbe incontrato in gran segreto il 22 novembre per proporgli di occuparsi dello smercio della refurtiva che in qualche modo era finita in mano alla padrona della casa chiusa e a suo marito. Antonio Bari invia molte lettere dal carcere indirizzate al Procuratore del Re. Il 12 febbraio si propone addirittura come investigatore: se gli verranno forniti abiti borghesi, il supporto di due guardie e i mezzi per sostenersi è certo di poter recuperare la refurtiva e di catturare i veri colpevoli; tutto questo al solo prezzo di una piena riabilitazione. Nello scrivere le sue accorate missive non nasconde la sua diffidenza nei confronti della Regia Questura, arrivando a sostenere che i veri colpevoli siano stati favoriti dall’indolenza degli agenti nel prendere in considerazione le sue importanti rivelazioni, e ritenendosi certo che “un commissario abbia costretto la Del Carmine corrompendola col denaro a denunziare un innocente” (lettera del 6 febbraio) (p. 59 secondo fascicolo). Una condotta talmente deplorevole da meritare, secondo lui, una Commissione d’inchiesta che “la Signoria Vostra voglia compiacersi [di] nominare”.

Il confronto fra Bari e Bruna avviene il 10 febbraio 1925. Maria del Carmine deve essere accompagnata a Ravenna dalle forze dell’ordine, trovandosi in quei giorni ricoverata per una malattia venerea all’Ospedale di Foggia. Secondo l’estensore del verbale del confronto Bari mantiene per tutto il tempo un “contegno sorridente, quasi sarcastico” nei confronti della sua presunta ex amante, continuando a negare ogni addebito.

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