19/11/1924 – IL FURTO DELLA CORAZZA DI TEODORICO

I reperti: il ritrovamento e il primo furto

Presso un grande cumulo sul lato dello squero adiacente al muro fu fatta la scoperta più importante; Pavirani stesso descriverà in due manoscritti i lavori e le scoperte.

Il 17 maggio nel corso dello scavo “furono rinvenuti da alcuni operai della Villa di San Pancrazio diversi oggetti d’oro che tosto da quella gente furono involati o nascosti. Dietro la carcerazione di Antonio Foschi della medesima villa e dopo lungo e esame e minacce ci riuscì di avere nelle nostre mani i seguenti pezzi depositati nella Biblioteca Comunale, di cui quanto prima faremo un esatto disegno” (Deputazione archeologica, 5 giugno, al delegato apostolico). Dei pezzi ritrovati la deputazione archeologica fece un’accurata descrizione:

“1 — Due pezzi grossi uno del peso di oncie 10 ¼, uno del peso di oncie 9 ¾ gioielati con minutissime pietre di varie forme o fogge di smalto, che alcuni dicono essere in granate, altri rubini o altra pietra dura: il lavoro che è di forma e squisitezza ed elegantissimo sembra essere bizantino. La forma di questi due pezzi preziosissimi sembra formare parte dell’ornamento delle corazze che poco prima o al tempo del regno gotico in Italia si vedevano in esso. E’ riportato agli eruditi archeologi di giudicare dell’epoca e del personaggio cui potesse appartenere.
2 — Altro pezzo di forma curva del peso di oncie 2 ½ lavorato con molt’arte a filigrana con specchieti a contorno ove forse esistevano pietre. Della medesima qualità dei suddetti quale parte dell’ornamento della corazza fosse è difficile il deciderlo.
3 — Altro pezzo consimile al precedente del peso di oncie 2 ½ che per male avventura venduto da un operaio a certo orologiaio di Ravenna venne subito fuso di cui ne conserviamo la verga che è di oro il più fino.
4 — Dalle medesime opere abbiamo pure ricuperato altre due piccoli pezzi a filigrana del peso di 3/8 i quali l’indicano che sono stati distaccati da altri pezzi.
5 — Altro pezzetto a filigrana di carati 57 fu venduto a Faenza all’orefice Francesco Violani il quale ne fece tosto la denuncia e dietro nostra lettera ci venne subito spedito fino a Ravenna da un suo agente. Questo è quanto noi abbiamo potuto ricuperare. Corre voce che potesse esservi l’intera armatura o almeno altri pezzi di qualche importanza o tale notizia noi non cesseremo di farne le più diligenti indagini e […] sperare di poter ricuperare il resto.
Proseguendosi gli scavi furono scoperte diverse urne gentilizie ove esistevano ossa di interi cadaveri ma senza memoria alcuna. Si sono pure rinvenute lanterne antiche, strati di ossa putrificate, conchiglie, ferro e vetri, e altre cose di niun momento.”

Non viene menzionato un ulteriore frammento, del quale scopriamo il destino in una lettera di Luigi Trombetti datata 27 maggio:
“6 — Due verghette d’oro del peso d’oncie 2 e ½ queste vuolsi che fomassero un sol pezzo correlativo a quello descritto al n. 2 della presente”. E su questo aggiunge: “pare che che sia stato l’oggetto primo rinvenuto e occultato dall’operaio scopritore […]” fatto poi fondere da un compiacente gioielliere. Il lacerto in questione è quindi disperso per sempre.”

A seguito dei furti fu posta una vigilanza armata agli scavi, per garantire l’integrità degli ulteriori reperti eventualmente rinvenuti. Ma dopo le prime scoperte, furono ritrovati numerosi cadaveri con segni di crocefissione, e tumuli privi tuttavia di preziosi.

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