Anche la storia del ritrovamento dei frammenti della Corazza è segnata da un furto e da una perdita irreparabile. Possiamo ricostruirne la vicenda leggendo il fascicolo relativo agli scavi e alle scoperte, conservato nel fondo della Legazione Apostolica di Ravenna. Il carteggio coinvolge il Delegato Apostolico, la Deputazione Archeologica, l’appaltatore, il Ministero del Commercio e dei Lavori Pubblici, il Ministero delle Belle Arti, e la Direzione Generale Polizia: anche gli enti governativi dello Stato della Chiesa venivano informati e aggiornati sull’esito della ricerca e delle indagini dei pezzi trafugati.

Dai primi mesi del 1854 circa seicento operai lavorano all’allargamento del Canale Corsini, presso la darsena. I lavori sono stati appaltati a Luigi Trombetti, e approvati dal legato apostolico monsignor Achille Maria Ricci. A partire dai primi di maggio, presso lo squero iniziarono trovarsi tumuli di forme differenti, anfore e urne in terracotta o in marmo che contenevano ossa e scheletri, e, sepolti nella nuda terra, una grande quantità di corpi, qualcuno con chiodi nelle mani e nei piedi.

Non appena si fecero le prime scoperte fu nominata una Commissione archeologica comunale con lo scopo di preservare i ritrovamenti. La Commissione era composta “dall’illustrissimo signor Donati, anziano comunale, il molto reverendissimo signor Don Paolo Pavirani, bibliotecario, e Massi Romualdo, ingegnere primario municipale” (dalla magistratura municipale al delegato apostolico del 21 maggio).

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