L’assalto alla sede della Federazione delle Cooperative

Ravenna, 26 luglio-1 agosto 1922. I fatti e le fonti

I tragici fatti del luglio 1922 sono raccontati anche da fonti diverse: il confronto con quanto stiamo per leggere all’interno del fascicolo del Tribunale è di grande interesse. Faremo riferimento qui alle pagine del diario di Italo Balbo, e all’articolo pubblicato dal “Popolo d’Italia” il 29 luglio.

Il pretesto iniziale sono i disordini avvenuti in seguito allo sciopero, promosso dall’Allenza per il lavoro, dei birocciai delle due camere del lavoro (socialista e repubblicana) per protestare contro l’attribuzione di tutti i contratti dell’Associazione agraria al sindacato fascista. Durante gli scontri fra i manifestanti e i fascisti perse la vita il capo dei birocciai fascisti Giovanni Balestrazzi.

Saputo degli scontri, Italo Balbo si “precipita” a Ravenna con i suoi. Racconta così l’episodio nel suo diario (con un lessico e una sintassi quasi marinettiana): “Passaggio fortuito del facchino Giovanni Balestrazzi, vecchio fascista, erculeo, conosciutissimo. La folla gli è addosso. E’ massacrato sotto i colpi di randello. Linciaggio. Gli viene scoperchiato il cranio. Dieci carabinieri tentano intervenire. La folla addosso ai carabinieri” (Italo Balbo, Diario 1922, Milano, Mondadori, 1932, p. 97).

I fascisti rapirono la salma e la portarono nella casa del fascio. Durante i funerali, che i fascisti concordano col Prefetto, la forza pubblica lascia ovviamente sguarnita la Casa Del Popolo repubblicana, facilmente occupata dalla squadra di Balbo, che tiene così in ostaggio in repubblicani per convincerli a passare dalla loro parte. Per rappresaglia all’uccisione di due fascisti a Cesena e Cesenatico, viene preparato l’assalto alla Federazione: l’esito è la totale distruzione della sede e di tutto il materiale amministrativo dell’importantissima forza di organizzazione delle cooperative. Scrive Il Popolo d’Italia il 29 luglio: “Tutte le forze poste a difesa del grandioso edificio sono state facilmente soverchiate dall’impeto dei fascisti nella oscurità da ogni parte. […] L’ on. Baldini che vi era rinchiuso nella fallace illusione di essere lì al sicuro, è stato affrontato dai fascisti che con la solita generosità si sono affrettati a salvarlo dalla ira della massa.

Nel frattempo i repubblicani concludono l’accordo con i fascisti il giorno 28. Si tratta di un patto di pacificazione che cessava le ostilità fra repubblicani e fascisti, e che impegnava i repubblicani ad impegnarsi per un rinnovato spirito antisocialista. Le conclusioni del Popolo d’Italia sono chiare: “è implicita la sconfessione da parte dei repubblicani dell’opera dell’Alleanza per il lavoro della quale si aveva l’impressione che essi fossero prigionieri.

Al seguito della partenza del gruppo di Balbo da Ravenna si susseguirono altri numerosi episodi di violenza sulle sedi e i rappresentanti socialisti nella campagna ravennate. Si tratta della “Colonna di fuoco” “per estendere la rappresaglia a tutta la Provincia” (Italo Balbo, Diario 1922, pp. 109).

La ricostruzione degli eventi si può leggere anche in una dettagliata relazione della Prefettura di Ravenna (Archivio di gabinetto, b. 13). Al termine dei disordini, la direzione dell’ordine pubblico viene riaffidata alla Prefettura di Ravenna.

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