La legge che chiude le case di tolleranza è la n. 75 del 20 febbraio 1958. Promotrice e prima firmataria fu la senatrice socialista Lina Merlin. Il dibattito sulla legge fu molto accesso, e le posizioni politiche molto articolate. Molti deputati, anche illustri come Benedetto Croce, credevano che il male delle case chiuse fosse minore rispetto alla mancanza di regolamentazione, e che il fenomeno della prostituzione in sé fosse inestirpabile.

In realtà la ragione alla base della legge non era quella di abolire la prostituzione, ma il suo sfruttamento, vale a dire l’organizzazione della prostituzione compiuto da terzi che traggono un vantaggio economico dalle prestazioni delle prostitute. L’obiettivo non era quindi una generica moralizzazione dei costumi, ma la rimozione di tutte quelle situazioni organizzate, comprese le umiliati schedature eseguite dalle Questure, che andavano a ledere la dignità delle donne coinvolte. Nelle circolari e direttive giunte in Questura a seguito dell’approvazione della legge questo intento è molto chiaro, e si accompagna all’invito ad accurate indagini sull’eventuale opera di sfruttamento che poteva continuare illecitamente. La Questura deve inoltre proseguire a comunicare le statistiche relative al meretricio, sempre seguendo il programma contro la tratta di esseri umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Fra le carte del fascicolo possiamo leggere inoltre diversi resoconti di chiusura di case di tolleranza, che riportano anche le scelte di vita susseguenti dei tenutari, delle direttrici, e ovviamente delle ex prostitute.

Condividi