Nell’immediato secondo dopo guerra, in un clima politico fortemente polarizzato fra filoccidentali e filosovietci, il Partito Comunista Italiano è fra i sostenitori di una raccolta firme per bloccare l’adesione dell’Italia al patto atlantico, sull’onda del movimento internazionale denominato “I partigiani della pace”.
Contrari alla raccolta firme (che in alcune zone d’Italia fu vietata per legge), fra gli altri, la Democrazia Cristiana e il Partito Repubblicano.

Nei manifesti raccolti dalla Questura di Ravenna possiamo vedere alcuni esempi di aspra contrapposizione fra i due fronti: le forze cattoliche sostenevano l’ipocrisia dei comunisti come difensori della pace dato il forte militarismo del blocco sovietico, e in particolare le violenze subite dalla Chiesa in paesi del blocco come l’Ungheria. I Comunisti risposero rinfacciando alla Chiesa l’appoggio allo sfruttamento e alla violenza in altri paesi, ma al loro manifesto “Dove Comandano loro” non fu dato dalla Questura il permesso di affissione, poiché considerato fomentatore di violenze.

Anche in questo caso potrebbe vedersi in controluce l’influsso dell’orientamento governativo, mediato dal Prefetto, che era ancora in questi anni un diretto superiore del Questore.

Dei manifesti per così dire “amatoriali”, redatti a penna in caratteri cubitali, ovviamente non autorizzati, vennero sequestrati a Lugo e Lavezzola nel 1951: richiedevano la restituzione del passaporto ad Enrico Berlinguer, a cui venne sequestrato al ritorno dal Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti a Berlino Est, per una presunta affermazione contro Scelba e il governo italiano. Il manifesto venne staccato, e i responsabili individuati e arrestati.

Da notare inoltre che dal 1956 il requisito della previa autorizzazione all’affissione da parte della Questura viene considerato incostituzionale; nei casi in cui si ravvisi un illecito l’unica autorità competente è quella giudiziaria.

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